Un avvocato in nome e per conto di un suo assistito presentava ad una clinica privata istanza di accesso alla cartella sanitaria di un parente defunto, ai sensi della legge 8 marzo 2017, n. 24 concernente: “Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie”. La clinica non rispondeva nei termini di legge, pertanto l’avvocato adiva il Difensore civico.
Il Difensore accoglieva la richiesta di riesame precisando alla struttura sanitaria che in riferimento all’interesse all’accesso esso sussiste ed è differenziato in ragione del documentato rapporto di coniugio/figlio con il de cuius, nonché dell’interesse patrimoniale connesso, deceduto presso l’Ospedale destinatario dell’istanza di accesso. Nel caso di decesso di un familiare, il diritto a conoscere i documenti relativi al ricovero del familiare defunto non è, peraltro, disciplinato dalla normativa ereditaria, ma inerisce alla qualità di congiunto e spetta autonomamente a chiunque si trovi in tale relazione di parentela con la persona deceduta.
Inoltre, la documentazione sanitaria con i relativi esami diagnostici rientrano nell’amplissima nozione di “documento amministrativo” di cui alla lett. d) dell’art. 22, l. n. 241 del 1990, trattandosi di atti interni detenuti dalla struttura ospedaliera, in relazione all’attività di pubblico interesse dalla stessa svolta al fine di assicurare al cittadino una adeguata assistenza sanitaria e così il diritto primario e fondamentale alla salute.
La clinica dopo pochi giorni consegnava la documentazione richiesta.