La rivista Prospettive ha ricordato un intervento del Difensore civico, risalente al 9 agosto scorso, a proposito del limite temporale dei ricoveri. Si trattava del caso di una casa di cura che aveva fatto sottoscrivere a un paziente un modulo nel quale era previsto un limite massimo di 60 giorni per il ricovero.
La figlia del paziente si era a questo punto rivolta alla Fondazione promozione sociale, la quale aveva fatto notare che tale limite non poteva ritenersi conforme alla normativa vigente, sulla base di una valutazione del principio della continuità assistenziale sancito dall’articolo 2 della legge 833 del 1978, istitutiva del Servizio sanitario nazionale.
La Fondazione aveva interessato al caso, tra gli altri, proprio il Difensore civico: Marino Fardelli si era pertanto impegnato, richiamando anche una sentenza del Consiglio di stato, la n. 1858 del 2019, a richiedere l’intervento della Direzione regionale Salute e integrazione sociosanitaria e della Azienda sanitaria locale Roma 3.
Quest’ultima, infine, aveva confermato la posizione assunta dal Difensore civico a sostegno delle tesi della Fondazione, stabilendo che le strutture sanitarie accreditate (nel caso di specie si trattava infatti di casa di cura erogante prestazioni per conto del servizio sanitario regionale) devono garantire la continuità assistenziale ai pazienti, con esclusione di ogni automatismo nella definizione della durata del ricovero. I 60 giorni vanno quindi intesi solo come un termine generico, che può essere soggetto a eccezioni.
Un eloquente esempio, tiene a sottolineare il Difensore civico del Lazio, di attività di questo organo a sostegno dei diritti dei cittadini, in questo caso nella loro veste di pazienti del servizio sanitario regionale.