Un cittadino chiedeva di accedere agli atti di un ente pubblico ma la richiesta gli veniva respinta perché non aveva comunicato, nell’istanza di accesso, il nominativo e l’indirizzo del controinteressato. Quindi, si rivolgeva al Difensore civico chiedendo il riesame del diniego.
Il Difensore civico accoglieva la richiesta evidenziando alla P.A. che l’esistenza di un controinteressato è valutata dall’amministrazione cui è richiesto l’accesso ai sensi dell’art. 3 d.P.R. 12 aprile 2006, n. 184 per cui: “Fermo quanto previsto dall’articolo 5, la pubblica amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, di cui all’articolo 22, comma 1, lettera c), della legge, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. La lettura della norma non può che lasciare spazio ad altro significato che non sia “quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse” (art. 12 delle Preleggi al codice civile), secondo il noto brocardo latino “In claris non fit interpretatio” ed è indubbio che nella suddetta disposizione non compaia alcun riferimento al richiedente l’accesso, né tanto meno l’obbligo o l’indicazione per lo stesso di fornire alla P.A. il nominativo e l’indirizzo di un eventuale controinteressato.
La Pubblica amministrazione dopo la precisazione del Difensore civico acconsentiva all’accesso.